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In sella alla sua bici pieghevole Brompton, Manuel Calvo percorre sobbalzando gli ultimi metri di una tranquilla strada di acciottolato nella città vecchia di Siviglia. Attraversa uno stretto passaggio e arriva quindi su un’ampia circonvallazione che corre fuori del centro. All’improvviso, accanto a lui scorrono corsie di auto e bus, ma Calvo non si preoccupa: ci troviamo su una levigata pista ciclabile di asfalto verde, protetta dal traffico motorizzato da un marciapiede rialzato e da barriere che arrivano all’altezza della vita.

“Eccoci qua”, dice Calvo, pedalando senza fretta lungo la pista che ha contribuito a progettare. “La prossima volta cambierei alcuni cose. Magari allargherei un po’ le corsie. Anche se così funzionano. La gente le usa”.

Effettivamente sono in tanti a usarle. A tal punto che Siviglia, capoluogo dell’Andalusia, all’estremo sud della Spagna, è diventata una sorta di città-modello per il trasporto sostenibile. Per molti è la prova che è relativamente semplice convincere gli abitanti di un centro urbano a usare la bicicletta: basta aprire un numero sufficiente di piste ciclabili sulle quali circolare.

In pochi anni, il numero di spostamenti in bicicletta a Siviglia è aumentato di undici volte. Il successo è stato tale che i dirigenti municipali hanno da poco cominciato a estendere il modello ad altre città della regione.

È una storia poco frequente, in cui le persone giuste si sono trovate al posto giusto nel momento giusto, aiutate anche da un po’ di fortuna.

Al contrario dei Paesi Bassi e della Danimarca, che di solito sono presi a esempio quando si parla di ciclismo di massa, la Spagna è ancora lontana dall’essere un paradiso per le due ruote. Secondo le statistiche dell’Ue appena l’1,6 per cento degli spagnoli considera la bicicletta la sua principale modalità di spostamento, anche meno che nel Regno Unito. Per quasi la metà il mezzo principale è l’automobile.

Gli spostamenti in bicicletta a Siviglia sono stati per molti anni irrisori (0,5 per cento) e le strade erano spesso imbottigliate, dato che l’abitudine della siesta fa sì che le ore di punta siano ben quattro al giorno.

(continua…)

Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian. Traduzione di Federico Ferrone

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